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ARCHIVIO STORICO DELLE ECONOMISTE E DEGLI ECONOMISTI

Guida archivistica alle carte e alle corrispondenze degli economisti italiani


ARCHIVIO STORICO DELLE ECONOMISTE E DEGLI ECONOMISTI


Salvemini Gaetano




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Documento Sul volume di scritti dell'Azimonti

Giustino Fortunato chiede che gli scritti dell'Azimonti, "Il Mezzogiorno agrario quale è. Relazioni e scritti", da pubblicare nel volume edito dalla Laterza, siano 16 e non più 15 come concordato con Giovanni Laterza. Invia, pertanto, l'originale dello scritto da aggiungere alla raccolta. Si tratta di uno scritto del 16 gennaio 1914, che in un primo momento Fortunato aveva escluso, ma che, a ripensarci, preferirebbe fosse incluso perché "d'argomento importantissimo", in quanto dotato di una "nota interessantissima del nostro Salvemini", meritevole d'essere pubblicata.

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Documento Riflessioni sul volume di scritti dell'Azimonti

Giustino Fortunato è convinto che il libro di Eugenio Azimonti, "Il Mezzogiorno agrario quale è. Relazioni e scritti", sarà "un buon libro, utilissimo alla causa del Mezzogiorno". Esso "dovrebbe incontrare subito il favore, particolarmente nelle tre province della Puglia, in Basilicata, nelle tre Calabrie, in Sicilia. (...)". Nel frattempo gli è stato inviato il tanto atteso fascicolo della rivista "Nuova Antologia", che dovrebbe contenere la sua prefazione al volume di scritti dell'Azimonti. Spera, infine, che il libro sia pubblicizzato dal "Corriere delle Puglie" e che ne sia fatta la recensione da Gaetano Salvemini e da Luigi Einaudi.

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Documento Appoggio morale all'amico Laterza

Fortunato appoggia moralmente l'amico Giovanni Laterza in alcuni affari non andati a buon fine: "(...) assai, assai mi duole la minaccia di disdetta delle case da lei comprate. Che amaro destino! Nulla è possibile in questo paese di semi-selvaggi! (...)". In conclusione di lettera Fortunato informa Laterza che Gaetano Salvemini è entusiasta del volume dell'Azimonti, "Il Mezzogiorno agrario quale è. Relazioni e scritti.

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Documento Contratto Laterza-Salvemini

Ernesto Rossi chiede a Franco Laterza informazioni sulle modalità del contratto che essa ha con Gaetano Salvemini.

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Documento Impegni, progetti, battaglie parlamentari di Ernesto Rossi nel 1951

Ernesto Rossi confida a Franco Laterza che "dopo i miei articoli sull'Ina e sulla Federconsorzi i personaggi importanti da me un po' maltrattati e gli interessi offesi dei Baroni Moderni si sono coalizzati in Parlamento e sulla stampa per impedire che l'ARAR continui ad essere lo strumento delle importazioni di Stato e per mandarmi ad insegnare Economia a Caltanissetta. Il campanile, da cui ho cercato di scacciare le cornacchie, minaccia di cadermi sulla testa e perciò bisogna che stia attento a scostarmi in tempo. Entro il 15 devo scrivere un saggio di 35000 parole sull'IRI e l'industria italiana per una collezione della Rockefeller ed entro il mese di marzo la voce 'sicurezza sociale' per un dizionario economico che dovrebbe essere pubblicato da 'Comunità'. Inoltre ho da portare a buon fine la polemica sul 'Mondo' con l'onorevole Bonomi, continuare la propaganda per il Movimento Federalista Europeo, partecipare alle riunioni della Consulta, della Società Fabiana, ecc. (...)". Da queste confidenze si evince come l'inizio degli anni cinquanta fosse un periodo di frenetica attività per Ernesto Rossi, il quale non manca di proporre alla Casa editrice Laterza anche la pubblicazione di una raccolta di suoi articoli scelti sui monopoli, sull'economia corporativa e sulla dissoluzione della pubblica amministrazione italiana [Settimo: non rubare, 1952]. Lo intitolerebbe "Cornacchie di campanile" con sottotitolo "Problemi concreti della vita italiana". Come prefazione propone un saggio di una ventina di pagine necessarie per inquadrare i singoli problemi nel problema generale di risanamento dell'economia e della vita pubblica italiana. In due o tre mesi la pubblicazione dovrebbe essere pronta, "quando ancora non sarebbe spenta la eco delle polemiche sull'INA e sulla Federconsorzi e quando molti personaggi sarebbero ancora interessati a conoscere quello che è stato pubblicato sul 'Mondo', che pochi sono riusciti a trovare nelle edicole, perché è stato in gran parte 'riasciugato' dagli interessati (...)". Rossi informa Laterza che nei mesi successivi sarebbe continuata la "battaglia parlamentare" sull'INA e sulla Federconsorzi e che ad essa si sarebbe presto aggiunta la battaglia contro l'ARAR e contro il suo presidente "che si promette di sputare nel piatto in cui si mangia".

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Documento Prefazione dedicata ad Angelo Costa

Rossi ribadisce a Franco Laterza la questione della prefazione e gli chiede nuovamente se preferisca che sia scritta da lui o da Salvemini. Nel caso in cui Laterza acconsenta a fargliela scrivere, Rossi intende dedicarla ad Angelo Costa, presidente della Confederazione Generale dell'Industria. Inoltre nella prefazione intende spiegare la ragione della dedica ponendola in relazione alla decisione di pubblicare la raccolta dei suoi articoli sulle industrie monopolistiche parassitarie in Italia: dopo aver letto la confutazione del detto Costa alle critiche mosse il 28 novembre passato dal senatore Benton alle industrie e dopo aver letto il discorso dello stesso Costa pronunciato il 4 dicembre al Congresso Interno degli Industriali svoltosi a New York, in cui avrebbe affermato non esserci in Italia industrie monopolistiche e che nei pochi casi in cui sarebbero stati forse possibili dei sopraprofitti di monopolio lo Stato li avrebbe eliminati. La raccolta è dedicata a Costa per contrastare quelle sue affermazioni. Quanto alla scelta del titolo, Rossi torna ad insistere su "Settimo: non rubare" [1952]: "E' duro, ma corrisponde al tornio di tutto il libro e secondo me sarebbe molto più produttivo di titoli più perbenino come "Le industrie parassitarie", "I grandi monopoli"; "I baroni delle industrie'".

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Documento Sulla prefazione di Settimo: non rubare

Ernesto Rossi torna a chiedere all'editore Franco Laterza se preferisca che la prefazione al suo libro, "Settimo: non rubare", sia firmata da lui o da Gaetano Salvemini.

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Documento Invio nominativi per copie omaggio del volume "Settimo: non rubare"

Rossi comunica a Franco Laterza i nominativi cui inviare la copia omaggio del suo lavoro, "Settimo: non rubare". Tra di essi figurano i nomi di Mario Einaudi, Guido Calogero, Gaetano Salvemini.

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Documento Recensioni sul lavoro di E.Rossi

Rossi informa Franco Laterza sulle diverse recensioni dedicate alla sua ultima pubblicazione, "Settimo: non rubare". Tra le altre cita quella di Gino Luzzatto, pubblicata su "Mondo Economico", 29 marzo 1952; quella "fin troppo elogiativa" di Aldo Garosci, pubblicata sull'ultimo numero di "Il Mondo", quella di Vittorio Foa su "L'Avanti" e di Gaetano Salvemini su "Il ponte".

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Documento A. de Viti de Marco. Uomo civile. Problemi meridionali - Problemi nazionali - Problemi internazionali

Dopo una breve nota biografica (pp. 5- 6), in cui si punta soprattutto l'accento sulla scelta politica antifascista dell'economista leccese, attestata dalla lettera di dimissioni presentate all'Università di Roma il 5 novembre 1931, integralmente citata, segue il "Discorso tenuto da Ernesto Rossi, alla Fiera del Levante, il 12 settembre 1948, alla presenza del Presidente della Repubblica, e pubblicato a cura dell'Amministrazione della Provincia di Bari" (pp. 9-42). Nel suo discorso commemorativo, Ernesto Rossi dichiara subito il suo debito di gratitudine verso De Viti de Marco, sia per gli insegnamenti ricevuti attraverso i suoi scritti di economia finanziaria e politica, sia per l'amicizia che questi gli offrì durante il periodo della sua prigionia politica. Rossi ricorda di aver conosciuto De Viti De Marco nel 1925, per il tramite di Gaetano Salvemini, e di esserne subito rimasto affascinato per l'atteggiamento "democratico" con cui anteponeva ad ogni altra preoccupazione gli interessi generali del popolo e l'elevazione del loro tenore di vita e della loro educazione. Insieme con Ferrara, Pareto, Pantaleoni, De Viti de Marco rientrava in quel "piccolo gruppo di economisti che hanno veramente onorato la scienza italiana a cavallo tra i due secoli". Come loro, egli aveva disdegnato le teorie astratte derivanti dalla filosofia hegeliana. Rossi ricorda le lunghe disquizioni con De Viti de Marco, avute nelle due settimane in cui fu ospite di quest'ultimo nel 1928, per aiutarlo nella raccolta dei suoi scritti poi pubblicati nel volume "Un trentennio di lotte politiche". La più grande prova di solidarietà De Viti de Marco l'aveva data a Rossi in quelle poche righe che aveva premesso nel giugno 1931 all'edizione tedesca del suo trattato. Poche, ma significative parole di ringraziamento verso Ernesto Rossi, per averlo aiutato nella revisione critica dei suoi scritti. Oltre a citarne nome e cognome e ad indicare l'Istituto Tecnico di Bergamo in cui aveva insegnato, faceva esplicito riferimento alla condanna a venti anni infertagli dal Tribunale Speciale come capo dell'organizzazione politica "Giustizia e Libertà". Fu un vero e proprio atto di aperta accusa contro il fascismo. Quando il 31 luglio 1943 Rossi uscì dal carcere, lo andò a trovare ancor prima di far rientro a casa, perché, gravemente malato, aveva espresso il desiderio di vederlo un'ultima volta. La grandezza di De Viti de Marco era, secondo Rossi, nella capacità d'incarnare, accanto a pochissimi altri uomini meridionali, tra cui annovera solo Gaetano Salvemini e Giustino Fortunato, "l'espressione suprema della nostra civiltà". Rossi non si sofferma sul "pensiero scientifico del De Viti economista", non sembrandogli quella l'occasione più opportuna, ma sul suo pensiero politico e sul modo in cui si pose davanti ai problemi del Mezzogiorno, dell'Italia, del mondo. In relazione ai "problemi meridionali", Rossi attribuisce al De Viti il merito di essere stato "uno dei primi fieri avversari della tariffa doganale del 1887" che danneggiava in due modi gli agricoltori meridionali, sia perchè li costringeva a vendere a più basso prezzo le derrate agricole per la contrazione delle esportazioni, sia perché la riduzione delle importazioni costringeva ad acquistare a prezzi più alti i manufatti industriali. In contrasto con Luzzatti, sostenitore dei vantaggi della politica protezionista, De Viti de Marco sostenne l'antagonismo d'interessi "naturale e necessario" esistente tra industria ed agricoltura italiana. Non era possibile superare tale antagonismo con un appello alla solidarietà nazionale contro lo straniero, perché "non esiste un interesse italiano comune ed omogeneo a tutti i produttori italiani [...], esistono invece, in ognuna [nazione] interessi antagonistici, alcuni dei quali sono favoriti, altri offesi dalla rispettiva tariffa doganale". Nonostante negli anni l'intervento di burocrati e politici nella regolamentazione degli scambi commerciali interni ed esteri si fosse sempre più complicato a confronto con la politica doganale della fine dell'Ottocento, Rossi constatava come "la sperequazione derivante dalla politica commerciale non è stata ridotta, anzi è stata enormemente aggravata, negli ultimi due decenni sicché le parole del De Viti de Marco conservano tutto il loro valore". Accanto alla lotta contro la politica protezionista, Rossi ricorda la "battaglia" condotta dal De Viti de Marco contro tutti i privilegi tributari, che si rivelavano a svantaggio delle regioni meridionali. Da qui scaturiva secondo Rossi il più grande insegnamento lasciato dall'economista: "ci ha insegnato a distinguere, dietro le apparenti uniformità della nostra legislazione, le iniquità sostanziali verso il Mezzogiorno". Con De Viti de Marco Rossi concordava nell'imputare ai meridionali la mancata risoluzione dei problemi del Mezzogiorno: "il problema del Mezzogiorno è essenzialmente un problema di uomini: è il problema della formazione di una classe dirigente, veramente degna di questo nome, nell'Italia meridionale". Quanto ai problemi nazionali, Rossi ricorda come De Viti de Marco abbia lottato contro quella che egli stesso definiva la "quadruplice interna" , ossia l'oligarchia burocratica, l'oligarchia militare, l'oligarchia industriale, l'oligarchia proletaria. Quanto, infine, ai problemi internazionali, De Viti de Marco fu, nella collaborazione alla redazione del giornale "L'Unità" con Salvemini, uno dei più agguerriti avversari della politica nazionalista di Sonnino e sostenitore della politica wilsoniana. Ricorda il dissenso politico che divise De Viti de Marco da Pantaleoni, pur nell'ambito di un rapporto di stima ed amicizia ininterrotta durata 45 anni, le loro discussioni sulla politica estera dell'Italia nel periodo bellico e postbellico, i loro ragionamenti intorno alla Società delle Nazioni. La fiducia che De Viti de Marco aveva riposto in quest'organo internazionale era stata delusa dagli eventi. Nella conclusione Rossi esorta i contemporanei a mantenere vivo il pensiero dell'economista, in quanto "è solo il pensiero che ha valore nel mondo".

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Documento Corrispondenza: Franco Modigliani a Gino Luzzatto (16-04-1946)

Lettera dattiloscritta (1 pagina) di Franco Modigliani a Gino Luzzatto per chiedere notizie dello scritto "L'organizzazione in un sistema socialista", da lui consegnato a Gaetano Salvemini e da questi inviato a Luzzatto più di un anno prima.

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Documento Salvemini Gaetano

Cinque carte manoscritte su Salvemini Gaetano la cui versione definitiva fu pubblicata su Meridione e Meridionalisti.

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