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Fondo "Banca d'Italia" - Sottofondo "Direttorio Einaudi"
Fascicolo E. Vanoni
Il fascicolo contiene due interessanti lettere sull'imposta complementare e sulle sovvenzioni agli editori, sintetizzate nella sezione "Documenti".
Scheda: nr. fascicolo 3
Numero della busta: 30
Documenti presenti nel fascicolo
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Corrispondenza: Luigi Einaudi a Ezio Vanoni (08-12-1951)
Einaudi invia a Vanoni un confronto tra dati risultanti dalle denunce per l'imposta complementare in Italia ed mi corrispondenti dati inglesi. Il confronto, precisa Einaudi, è solo una esercitazione dal momento che, come affermato dal prof. Cosciani sulla Stampa del 5 dicembre, si tratta di dati parziali. Tuttavia quest'esercizio potrebbe stimolare più approfondite indagini dell'Ufficio Studi del Ministero, e essere da esempio per l'applicazione di metodi statistici allo studio di problemi fondamentali per la politica e l'economia italiana.
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Corrispondenza: Luigi Einaudi a Pietro Campilli (18-05-1952)
Lettera di Einaudi indirizzata al Ministro per l'Industria Pietro Campilli e per conoscenza al Ministro delle finanze Ezio Vanoni. La lettera riguarda le richieste di intervento da parte degli editori dei giornali. Tali richieste, ricorda Einaudi, sono basate sulla considerazione che, in assenza di aiuti da parte dello Stato, gli editori dovrebbero far aumentare il prezzo dei giornali, a causa del costo troppo alto della carta. Einaudi è fortemente contrario all'erogazione di aiuti, che sarebbero concessi solo per soddisfare interessi puramente privati. Einaudi contesta sia la circostanza che l'aiuto venga invocato sulla base del costo medio di produzione (che, sostiene Einaudi, è una entità che non esiste, in quanto ogni impresa sostiene un suo costo specifico), sia il principio di servizio pubblico a cui i giornali adempiono. Einaudi sostiene infatti che i giornali che forniscono notizie vere e commenti liberi vengono alla lunga apprezzati dal pubblico e quindi acquistati. Essi non hanno bisogno degli aiuti statali, che andrebbero solo a generare profitti illeciti o a tenere in vita i giornali che nessuno legge. Il sussidio sotto forma di contributo pubblico per l'acquisto di carta è quindi un'opera antisociale e antieducativa, tanto più che essa grava sugli industriali che producono pubblicazioni senza macchine rotative (ad esempio libri e riviste).